Il Carnevale: storia, iconografia, leggende.

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    Il Carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cristiana (ed in modo particolare in quelli di tradizione cattolica) nel periodo di tempo immediatamente precedente alla Quaresima; i principali eventi si concentrano comunque tra febbraio e marzo.

    I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare l'elemento più distintivo del Carnevale è la tradizione del mascheramento.

    Benché facente parte della tradizione cristiana, i caratteri della celebrazione carnevalesca hanno origini in festività ben più antiche che, ad esempio nelle dionisiache greche e nei saturnali romani, erano espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento degli obblighi sociali e delle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo ed anche alla dissolutezza.

    La parola "carnevale" deriva dal latino "carnem levare" ("eliminare la carne"), poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.
    In quanto immediatamente precedente alla Quaresima, il periodo della celebrazione varia di anno in anno, mentre la durata della festa può variare (a seconda della tradizione) da una settimana a qualche mese.

    La Chiesa cattolica considera il Carnevale come un momento per riflettere e riconciliarsi con Dio.
    Si celebrano le Sante Quarantore (o "Carnevale sacro"), che si concludono, con qualche ora di anticipo, la sera dell'ultima domenica di Carnevale.

    Il Carnevale ha termine il Martedì grasso, giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri, quando ha inizio la Quaresima.
    Un'eccezione è data dal Carnevale di Borgosesia, che prevede un'appendice nei giorni di inizio della Quaresima con la festa detta del "Mercu Scurot".


    Carnevale ambrosiano



    Dove si osserva il rito ambrosiano, ovvero nella maggior parte delle chiese dell'arcidiocesi di Milano e in alcune delle diocesi vicine, la Quaresima inizia con la prima domenica di Quaresima; l'ultimo giorno di Carnevale è il sabato, quattro giorni dopo rispetto al martedì, in cui termina dove si osserva il rito romano.

    La tradizione vuole che il vescovo sant'Ambrogio fosse impegnato in un pellegrinaggio e avesse annunciato il proprio ritorno per Carnevale, per celebrare i primi riti della Quaresima in città.
    La popolazione di Milano lo aspettò e, dato il ritardo del vescovo, fu prolungato il Carnevale sino al suo arrivo, posticipando il rito delle Ceneri, che nell'arcidiocesi milanese si svolge, appunto, la prima domenica di Quaresima.

    In realtà la differenza è dovuta al fatto che anticamente la Quaresima iniziava dappertutto di domenica; i giorni dal mercoledì delle Ceneri alla domenica successiva furono introdotti nel rito romano per portare a quaranta i giorni di digiuno effettivo, tenendo conto che le domeniche non erano mai stati giorni di digiuno.

    Questo carnevale, presente con diverse tradizioni anche in altre parti dell'Italia, prende il nome di Carnevalone.

    Nel 2009, appena cominciato, l'ultimo giorno di Carnevale, ovvero Martedì grasso, sarà il prossimo 24 febbraio.

    Fonte: Wikipedia

    Edited by Millam - 1/2/2009, 21:28
     
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    Carnevale di Venezia


    Il Carnevale di Venezia è uno dei più conosciuti ed apprezzati carnevali del mondo.
    Le sue origini sono molto antiche: la prima testimonianza risale ad un documento del Doge Vitale Falier del 1094, dove si parla di divertimenti pubblici e nel quale il vocabolo Carnevale viene citato per la prima volta.
    L’istituzione del Carnevale da parte delle oligarchie veneziane è generalmente attribuita alla necessità della Serenissima, al pari di quanto già avveniva nell’antica Roma (vedi "panem et circenses"), di concedere alla popolazione, e soprattutto ai ceti più umili, un breve periodo dedicato interamente al divertimento e ai festeggiamenti, durante il quale i Veneziani e i forestieri si riversavano in tutta la città a far festa con musiche e balli sfrenati.

    Attraverso l’anonimato che garantivano maschere e costumi, si otteneva una sorta di livellamento di tutte le divisioni sociali ed era autorizzata persino la pubblica derisione delle autorità e dell’aristocrazia. Evidentemente tali concessioni erano largamente tollerate e considerate un provvidenziale sfogo alle tensioni e ai malumori che si creavano, inevitabilmente, all'interno della Repubblica di Venezia, che poneva rigidi limiti su questioni come la morale comune e l'ordine pubblico dei suoi cittadini.

    Il primo documento ufficiale che dichiara il Carnevale di Venezia una festa pubblica è un editto del 1296, quando il Senato della Repubblica dichiarò festivo il giorno precedente la Quaresima.

    In quest’epoca, e per molti secoli che si succedettero, il Carnevale durava sei settimane, dal 26 dicembre al Mercoledì delle Ceneri, anche se i festeggiamenti talvolta venivano fatti cominciare già i primi giorni di ottobre.

    Le maschere ed i costumi
    Indossando maschere e costumi era possibile celare totalmente la propria identità e si annullava in questo modo ogni forma di appartenenza personale a classi sociali, sesso, religione.
    Ognuno poteva stabilire atteggiamenti e comportamenti in base ai nuovi costumi ed alle mutate sembianze.
    Per questo motivo, il saluto che risuonava di continuo nell’atto di incrociare un nuovo "personaggio" era semplicemente "Buongiorno, signora maschera."

    La partecipazione gioiosa e in incognito a questo rito di travestimento collettivo era, ed è tuttora, l’essenza stessa del Carnevale: un periodo spensierato di liberazione dalle proprie abitudini quotidiane e da tutti i pregiudizi e maldicenze, anche nei propri confronti.
    Si faceva tutti parte di un grande palcoscenico mascherato, in cui attori e spettatori si fondevano in un unico ed immenso corteo di figure e colori.

    Con l’usanza sempre più diffusa dei travestimenti per il Carnevale, a Venezia nacque dal nulla, e si sviluppò gradualmente, un vero e proprio commercio di maschere e costumi.
    A partire dal 1271, vi sono notizie circa la produzione di maschere, scuole e tecniche per la loro realizzazione. Cominciarono ad essere prodotti gli strumenti per la lavorazione specifica dei materiali quali argilla, cartapesta, gesso e garza.
    Dopo la fase di fabbricazione dei modelli, si terminava l’opera colorandola e arricchendola di particolari come disegni, ricami, perline, piumaggi e quant’altro.

    I cosiddetti mascareri, che divennero veri e propri artigiani realizzando maschere di fogge e fatture sempre più ricche e sofisticate, vennero riconosciuti ufficialmente come mestiere con uno statuto del 10 aprile 1436, conservato nell’Archivio di Stato di Venezia.

    Uno dei travestimenti più comuni nel Carnevale antico, soprattutto a partire dal XVIII secolo, rimasto in voga ed indossato anche nel Carnevale moderno, è sicuramente la Bauta (o bautta).
    Questa figura, prettamente veneziana ed indossata sia dagli uomini che dalle donne, è costituita da una particolare maschera bianca denominata "larva" sotto ad un tricorno nero e completata da un avvolgente mantello scuro chiamato "tabarro".

    La bauta era utilizzata diffusamente durante il periodo del Carnevale, ma anche a teatro, in altre feste, negli incontri galanti ed ogni qualvolta si desiderasse la libertà di corteggiare od essere corteggiati, garantendosi reciprocamente il totale anonimato.
    A questo scopo la particolare forma della maschera sul volto assicurava la possibilità di bere e mangiare senza doverla togliere.

    Un altro costume tipico di quei tempi era la Gnaga, semplice travestimento da donna per gli uomini, facile da realizzare e di largo impiego.
    Era costituito da indumenti femminili di uso comune e da una maschera con le sembianze da gatta, accompagnati da una cesta al braccio che solitamente conteneva un gattino.
    Il personaggio si atteggiava da donnina popolana, emettendo suoni striduli e miagolii beffardi. Interpretava talvolta le vesti di balia, accompagnata da altri uomini a loro volta vestiti da bambini.

    Molte donne invece, indossavano un travestimento chiamato Moretta, costituito da una piccola maschera di velluto scuro, indossata con un delicato cappellino e con degli indumenti e delle velature raffinate.
    La Moretta era un travestimento muto, poiché la maschera doveva reggersi sul volto tenendo in bocca un bottone interno (e per questo motivo chiamata anche servetta muta).

    Le feste
    Durante il Carnevale le attività e gli affari dei Veneziani passavano in secondo piano, ed essi concedevano molto del loro tempo a festeggiamenti, burle, divertimenti e spettacoli che venivano allestiti in tutta la città, soprattutto in Piazza San Marco, lungo la Riva degli Schiavoni e in tutti i maggiori campi di Venezia.

    Vi erano attrazioni di ogni genere: giocolieri, acrobati, musicisti, danzatori, spettacoli con animali e varie altre esibizioni, che intrattenevano un variopinto pubblico di ogni età e classe sociale, con i costumi più fantasiosi e disparati.
    I venditori ambulanti vendevano ogni genere di mercanzia, dalla frutta di stagione ai ricchi tessuti, dalle spezie ai cibi provenienti da paesi lontani, specialmente dall’oriente, con il quale Venezia aveva già intessuto stretti e preziosi legami commerciali sin dai tempi del famoso viaggio di Marco Polo lungo la via della seta.

    Oltre alle grandi manifestazioni nei luoghi aperti, si diffusero ben presto piccole rappresentazioni e spettacoli di ogni genere (anche molto trasgressivi) presso le case private, nei teatri e nei caffè della città. Nelle dimore dei sontuosi palazzi veneziani si iniziarono ad ospitare grandiose e lunghissime feste con sfarzosi balli in maschera.

    E’ comunque nel XVIII secolo che il Carnevale di Venezia raggiunge il suo massimo splendore e riconoscimento internazionale, diventando celeberrimo e prestigioso in tutta l’Europa del tempo, costituendo un’attrazione turistica ed una mèta ambita da migliaia di visitatori festanti.

    Sono di quest’epoca le famigerate avventure che videro protagonista, a Venezia, uno dei più celebri personaggi del tempo: Giacomo Casanova.

    Scrittore veneziano molto prolifico, fu tuttavia maggiormente conosciuto come uno dei massimi esponenti dell’aspetto libertino della Venezia di quel tempo.

    Citato ancora oggi per la sua nomea di seduttore, creò il suo personaggio quasi mitico grazie alle partecipazioni a feste tra le più lussuriose, agli episodi amorosi più piccanti e alle incredibili traversie alle quali andò incontro nella sua vita sregolata, che portarono avventure, scandalo e vivacità ovunque si recasse.

    La Festa delle Marie
    Questa antichissima festa veneziana, la cui origine è controversa e della quale si hanno notizie solo a partire dal 1039, venne introdotta presumibilmente intorno all’anno 943 e continuata poi all’interno del periodo carnevalesco, quando esso venne istituito.

    Nel giorno della purificazione di Maria, il 2 febbraio, a Venezia era usanza celebrare il giorno della benedizione delle spose, durante il quale venivano benedetti collettivamente, presso la Basilica di San Pietro di Castello, i matrimoni di dodici fanciulle, scelte tra le più povere e belle della città.

    Per contribuire alla costituzione della dote di queste spose, le famiglie patrizie di Venezia erano coinvolte con delle donazioni ed era consuetudine del Doge concedere in prestito alle fanciulle gli splendidi gioielli e gli ori provenienti dal tesoro della città.
    A seguito del sontuoso matrimonio svolto alla presenza del Doge e della nobiltà veneziana, le spose venivano accompagnate in corteo verso Piazza San Marco.
    Giunte presso il Palazzo Ducale, le fanciulle ricevevano gli omaggi dal Doge che le invitava con onore ad un ricco ricevimento a palazzo.
    Successivamente il corteo si imbarcava sul Bucintoro che, scortato da piccole e numerose imbarcazioni di concittadini festanti, percorreva il Canal Grande verso Rialto, raggiungendo in seguito la Chiesa di Santa Maria Formosa, dove si svolgevano altre solenni celebrazioni.

    Pare che nel 943, al tempo del dogado di Pietro III Candiano, durante le celebrazioni del matrimonio e tra lo stupore generale, irruppero in chiesa dei pirati istriani che rapirono le spose con tutti i gioielli della dote, custoditi da ciascuna di loro in graziose cassette decorate, chiamate "arcelle".
    Dopo l’iniziale incredulità e la confusione generata dal brutale episodio, dei Veneziani valorosi si posero all’inseguimento dei pirati, salpando su alcune imbarcazioni ed organizzando una spedizione, con alla testa il Doge stesso.
    Riuscirono a raggiungere i pirati presso Caorle, dove li attaccarono ed uccisero tutti, liberando le dodici fanciulle e i loro preziosi ori.
    Il Doge, affinché non vi fosse per nessuno la possibilità di commemorare questi spregevoli individui, dispose che i cadaveri non ricevessero sepoltura e che fossero tutti gettati in mare.
    Stabilì inoltre che il luogo dove era avvenuto questo cruento episodio si chiamasse Porto delle Donzelle, nome che a tutt’oggi permane.

    In onore di questa vittoria sui pirati si decise quindi di istituire la Festa delle Marie, da tenersi annualmente per celebrare l’evento.
    Iniziava con la selezione di dodici tra le più belle ragazze di Venezia, scelte in numero di due per ogni sestiere e ribattezzate per l’occasione Marie (forse perché il maggior numero delle ragazze rapite aveva questo nome, oppure dal nome della festa della purificazione di Maria).
    Venivano poi invitate le famiglie patrizie ad impegnarsi nel fornire alle fanciulle le vesti, gli addobbi e i gioielli per renderle ancor più principesche.

    Il corteo delle Marie, sfilando in una processione di barche che attraversava i rii della città, assisteva a funzioni religiose nelle principali chiese di Venezia, partecipando a balli, musiche e rinfreschi organizzati dai cittadini.
    La possibilità di avvicinarsi alle Marie era considerata di buon auspicio, oltre che un’occasione per Veneziani e stranieri di vedere da vicino delle donne meravigliose, con indosso addobbi rari e pregiatissimi.

    La ricorrenza arrivò a durare fino a nove giorni e, nel 1272, il numero delle Marie venne ridotto prima a quattro e poi a tre, soprattutto per moderare gli enormi costi a carico dello Stato e delle famiglie patrizie.

    Subì nel tempo altri cambiamenti ed evoluzioni, finché una modifica inattesa giunse a comprometterne lo spirito e l’essenza principale: per evitare che la festa fosse troppo caratterizzata dal desiderio di vedere le bellezze femminili (piuttosto che di seguire la tradizione religiosa), le autorità decisero di sostituire le Marie con delle loro sagome in legno.
    Questa variazione portò inevitabilmente alle proteste dei cittadini, che iniziarono ben presto a bersagliare le figure con sassi ed ortaggi, tanto che nel 1349 venne varata una legge che vietava il lancio di oggetti verso di esse.

    L’espressione di "Maria de tola" (Maria di tavola), coniata per l’occasione, è utilizzata ancora oggi a Venezia per indicare con irrisione il tipo di donna fredda e senza seno.

    Negli anni a seguire la Festa delle Marie cadde lentamente in disuso e venne soppressa nel 1379, epoca in cui Venezia era coinvolta nella guerra di Chioggia.
    Come cerimonia ufficiale, rimase solo l'annuale visita del Doge alla chiesa di Santa Maria Formosa.

    Venne ripresa ufficialmente circa seicento anni dopo, nel 1999, anche se realizzata in forma ridotta ed apportando alcune varianti.


    Il Volo dell'Angelo
    In un’edizione del Carnevale verso la metà del 1500, tra le varie manifestazioni e spettacoli organizzati in città, fu realizzato un evento straordinario che fece molto scalpore: un giovane acrobata turco riuscì, con il solo ausilio di un bilanciere, ad arrivare alla cella campanaria del campanile di San Marco camminando, nel frastuono della folla sottostante in delirio, sopra una lunghissima corda che partiva da una barca ancorata sul molo della Piazzetta.
    Nella discesa, invece, raggiunse la balconata del Palazzo Ducale, porgendo gli omaggi al Doge.

    Dopo il successo di questa spettacolare impresa, subito denominata "Svolo del turco", l’evento, che solitamente si svolgeva il Giovedì Grasso, fu richiesto e programmato come cerimonia ufficiale anche per le successive edizioni, con tecniche simili e con forme che con gli anni subirono numerose varianti.

    Per molti anni lo spettacolo, mantenendo lo stesso nome, vide esibirsi solo funamboli di professione, finché non si cimentarono nell’impresa anche giovani veneziani, dando prova di abilità e coraggio con varie spericolatezze e variazioni sul tema.

    Quando queste variazioni portarono a prevedere, per lunghi anni di seguito, un uomo dotato di ali ed appeso con degli anelli alla corda, issato e fatto scendere a gran velocità lungo la fune, si coniò il nuovo termine di "Volo dell’Angelo".
    Il prescelto, al termine della discesa nel loggione di Palazzo Ducale, riceveva sempre dalle mani del Doge dei doni o delle somme in denaro.

    Vi furono alcune edizioni che videro gli acrobati utilizzare per i loro spettacoli degli animali, barche e varie altre figure, oltre a rendere l’impresa sempre più difficile con ardite evoluzioni e anche voli collettivi.

    Nel 1759, l’esibizione finì in tragedia: ad un certo punto, l’acrobata si schiantò al suolo tra la folla inorridita. Probabilmente a causa di questo grave incidente, l’evento, svolto con tali modalità, fu vietato.
    Da allora il programma si svolse sostituendo l’acrobata con una grande colomba di legno che, nel suo tragitto, partendo sempre dal campanile, liberava sulla folla fiori e coriandoli.

    Dalla prima di queste edizioni, il nome di "Volo dell’Angelo" divenne quindi "Volo della Colombina".

    Tale evento, come la maggior parte delle altre ricorrenze e spettacoli, con la fine della storia millenaria della Serenissima si interruppe per un lungo periodo.


    Fonte: Wikipedia
     
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