Omaggio ad Alda Merini:
una limpida voce poetica

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    Il mio passato

    Spesso ripeto sottovoce
    che si deve vivere di ricordi solo
    quando mi sono rimasti pochi giorni.
    Quello che è passato
    è come se non ci fosse mai stato.
    Il passato è un laccio che
    stringe la gola alla mia mente
    e toglie energie per affrontare il mio presente.
    Il passato è solo fumo
    di chi non ha vissuto.
    Quello che ho già visto
    non conta più niente.
    Il passato ed il futuro
    non sono realtà ma solo effimere illusioni.
    Devo liberarmi del tempo
    e vivere il presente giacché non esiste altro tempo
    che questo meraviglioso istante.

    Alda Merini



    Ho avuto modo di conoscere l'esistenza di Alda Merini alcuni anni fa, grazie alla trasmissione televisiva di Maurizio Costanzo. E sono rimasta subito affascinata da quella donna straordinaria capace di trasformare in Arte la sua dolorosa e lucida follia.
    La sua anima semplice e contorta, cristallina e rocciosa, liscia e sfaccettata al tempo stesso ha preso forma nelle parole e nei versi, e si è fatta Poesia.

    La figura di Alda Merini artista è rintracciabile nelle sue parole: e attraverso quelle stesse parole, che hanno messo a nudo la sua anima sensibile, desidero celebrare la donna Alda Merini, affinché il Tempo della nostra ricerca non perda neanche un battito della sua esistenza palpitante.





    Alcuni cenni biografici di Alda Merini.

    «Sono una piccola ape furibonda. Mi piace cambiare di colore. Mi piace di cambiare di misura». Sono queste le parole che Alda Merini, la grande poetessa scomparsa oggi a Milano, aveva scelto per la hompage del suo sito ufficiale, accanto ad una immagine molto intensa, in bianco e nero, con l’immancabile sigaretta in mano e la altrettanto inseparabile collana di perle al collo.

    Del resto, in questo mettere insieme regole borghesi e trasgressione era l’anima della sua opera dolorosa, segnata dall’esperienza della follia e del disagio fisico ed economico, in un ventennale entrare e uscire da ospedali psichiatrici tra gli anni Sessanta e Settanta. «Sono molto irrequieta quando mi legano allo spazio», scriveva in una componimento intitolato Poesia e la sua instabilità si traduceva in versi ad altissima intensità emotiva, spesso erotica, sin a partire dai primi componimenti, semplici, lineari, di pochi versi.

    Alda Merini ha iniziato a comporre le prime liriche giovanissima, a 16 anni. Il suo primo incontro con il mondo letterario avvenne quando Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri, sottopose alcune delle sue poesie ad Angelo Romanò che, a sua volta, le fece leggere a Giacinto Spagnoletti, considerato lo scopritore della poetessa. La prima raccolta di poesie di Alda Merini: "La presenza di Orfeo", pubblicata nel 1953, ebbe subito un grande successo di critica. Il suo capolavoro è però considerato "La Terra Santa" che le è valso, nel 1993, il Premio Librex-Guggenheim "Eugenio Montale" per la Poesia.

    Altre sue raccolte di versi sono "Testamento", "Vuoto d’amore", "Ballate non pagate", "Fiore di poesia 1951-1997", "Superba è la notte", "L’anima innamorata", "Corpo d’amore", "Un incontro con Gesu", "Magnificat. Un incontro con Maria", "La carne degli Angeli", "Più bella della poesia è stata la mia vita", "Clinica dell’abbandono" e "Folle, folle, folle d’amore per te. Poesie per giovani innamorati".

    Nella sua carriera artistica, Alda Merini si è cimentata anche con la prosa in "L’altra verita". "Diario di una diversa", "Delirio amoroso", "Il tormento delle figure", "Le parole di Alda Merini", "La pazza della porta accanto" (con il quale vinse il Premio Latina 1995 e fu finalista al Premio Rapallo 1996), "La vita facile", "Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevi" e "Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessanta" e con gli aforismi "Aforismi e magie". Nel 1996 era stata proposta per il Premio Nobel per la Letteratura dall’Academie Francaise e ha vinto il Premio Viareggio. Nel 1997 le è stato assegnato il Premio Procida-Elsa Morante e nel 1999 il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Settore Poesia.

    Fonte

    * * *



    Alda Merini: sberle e poesia

    Un inedito per "La Stampa" (del giugno 2009)

    Ha nevicato molto sul mio destino
    una pioggia torrenziale e felice
    come quella dei santi.
    Qualsiasi patria mi sarebbe andata bene
    ma la grandiosità della follia
    è stato il mio maggior culto.
    A Torino ho messo radici segrete
    ho inventato un comandamento
    a cui non ho mai obbedito
    e questa disobbedienza segreta
    ha fatto fiorire i miei migliori versi.


    Alda Merini


    SPOILER (click to view)
    Poesia scritta per la presentazione su Specchio della Stampa della raccolta «Il carnevale della croce», a cura di Ambrogio Borsani, Einaudi. Poi l’editore fece slittare la pubblicazione e l’anticipazione non venne mai pubblicata.


    Quando, alla fine degli Anni 90, le fu conferita la laurea honoris causa dall’Università di Messina, il prof. Antonino Pennisi iniziò la sua laudatio spiegando che un anno prima una studentessa gli aveva chiesto un po’ impaurita la tesi «su una poetessa che aveva visto in televisione». Era Alda Merini, e lui fu perfettamente d’accordo, perché sapeva bene che prima della tv c’era una lunga storia sconosciuta al grande pubblico. La tv aveva fatto di quel personaggio così inconsueto, così attraversato dalla follia e proteso quasi selvaggiamente verso tutto ciò che è vita, l’amore in primo luogo, un’icona mediatica. Da allora, da quando Maurizio Costanzo aveva preso a invitarla al suo talk show, rappresentò l’unico caso di poeta italiano che vendesse anche ventimila copie l’anno.

    Alda Merini si è spenta all’ospedale San Paolo di Milano, uccisa da un tumore, fumando le sue sigarette fino all’ultimo, a letto, incurante dei divieti. Aveva 78 anni.
    Come scrive in una poesia molto celebre, pubblicata in Vuoto d’amore (Einaudi 1991), «Sono nata il ventuno a primavera / ma non sapevo che nascere folle, / aprire le zolle / potesse scatenare tempesta». E tempesta fu. Come un Rimbaud italiano, lei, talento precoce, perse tutto ogni volta. Esordì a 16 anni, pubblicò a 22 la prima raccolta e subitò incantò i primi lettori, da Giacinto Spagnoletti, il suo scopritore, a Salvatore Macrì, a Maria Corti. Pasolini si accorse della «ragazzetta milanese» in un articolo del ’54, quando lei già aveva pubblicato il suo primo libro per Scheiwiller, su proposta di Eugenio Montale e Maria Luisa Spaziani. Bocciata all’esame d’ammissione per il Liceo Manzoni, era già qualcosa di più che una promessa. Grande vena, e grande follia: la scoprirono insieme lei e Giorgio Manganelli, il nostro scrittore più lunare, nel corso di un amore agitatissimo, che segnò anche il primo ricovero in ospedale psichiatrico. Di lui diceva: «Fu il mio primo amore, fu grande amore. Era timidissimo, cincischiava, arzigogolava per paura di amare. Oh non era un conquistatore! Io, ogni tanto, gli davo qualche sberla...». Per il resto, la vita schiaffeggiava lei.

    Venne Salvatore Quasimodo, cui sono dedicate alcune belle poesie erotiche, vennero due mariti, quattro figlie e altri ricoveri. Vennero vent’anni di silenzio ed emarginazione. Alda Merini scriveva freneticamente su qualsiasi pezzo di carta, nella sua casa al secondo piano sui Navigli, due stanze ricolme d’ogni cosa e di parecchi gatti, in condizioni igieniche discutibili; o al bar Chimera di Laura Alunno, che per anni le riconobbe una brioche e un cappuccino al giorno in segno di omaggio. Era costantemente alla ricerca di denaro, i suoi rapporti con Vanni Scheiwiller, l’editore e amico, erano teneri e tumultuosi.

    Ambrogio Borsani, che negli Anni 80 la cercò per la casa editrice Il Melangolo e da allora è diventato il suo curatore (sta per uscire da Einaudi Il carnevale della croce con i testi degli ultimi anni), ricorda come solo dopo il successo televisivo - ma il primo a invitarla fu Nino Castelnuovo che conduceva una trasmissione su Telemontercarlo - e la concessione del vitalizio della legge Bacchelli, la vita per lei si fece un po’ più serena, senza gli scatti d’ira, le grandi furie, le grandi disperazioni sempre in agguato. Era un personaggio di successo, perfino Roberto Vecchioni le dedicò una canzone. Ma non cambiò quanto allo stile: la sola volta che lasciò la casa dei Navigli fu quando, ottenuto il premio Montale Guggenheim, che aveva una borsa molto ricca - 36 milioni di lire - si trasferì all’hotel Certosa di corso San Gottardo, e vi rimase fino a che non finirono i soldi. Donandoli in parte a tutti i barboni che incontrava, e comprando innumerevoli peluche per gli amici.

    Fonte

    * * *



    Alda Merini consacrata dalla tv, abile a sfruttarla
    La scomparsa di un poeta è difficilmente oggetto di un interesse diffuso, nella società d’oggi. Così come lo è in genere, purtroppo, la sua opera. Alda Merini costituisce un’evidente eccezione, perché proprio in questi ultimi vent’anni, in tempi di ben poca presenza pubblica del poeta e della poesia, aveva saputo oltrepassare i confini del semianonimato per imporsi quasi come una star. Lo aveva fatto utilizzando in modo abilissimo il mezzo televisivo (e poi non solo quello, ovviamente), che le aveva consentito di esprimere un personaggio - se stessa - in grado di coincidere quasi perfettamente con l’idea che in genere la gente ha del poeta: bizzarro e maledetto, insolito e sfortunato, estroso ai limiti della follia (e nel suo caso anche dentro la follia), ispirato e estraneo alle convenzioni.

    Alda Merini era un poeta già presente da ragazza in quella che era allora una vera società letteraria: era entrata infatti in un’antologia generazionale (Quarta generazione, del ’54) ancora giovanissima. Poi un periodo di oblìo molto lungo, quindi il successo. Che fosse una poetessa vera non c’è dubbio, ma di una specie particolare. E cioè, indisciplinata negli esiti, dove sapeva colpire con improvvise immagini vibranti e forti accensioni suggestive, ma dove anche poteva concedersi, più o meno consapevolmente, soluzioni piuttosto facili e di non meno facile ascolto. La sua scomparsa è dolorosa, come dolorosa e travagliata è stata la sua esistenza. Speriamo che l’attenzione che è stata capace di suscitare si possa ora anche rivolgere a quanto di importante e spesso messo in ombra sa realizzare la nostra poesia contemporanea.


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    * * *



    Alcune interviste rilasciate da Alda Merini per il Corriere della Sera.

    « Potrei lasciare Milano solo per il Paradiso »
    Il poeta è sempre in vacanza. Ed è contro le vacanze. Per questo, anche d'estate rimane in città. Alle ferie d'agosto preferisce le passeggiate languide lungo i canali. Piuttosto che in un confortevole albergo ama riposarsi nel disordine di casa sua. Le vacanze le trascorro da sempre nella mia casa sui Navigli, rimpiangendo Patty Pravo e ascoltando «Mille lire al mese». In quale posto potrei stare meglio che qui? Tra queste mura sono nati i miei figli e le mie poesie.

    Sono un'eremita nata, la casa è il mio rifugio. Ho sempre sognato di vedere un giorno, attaccata fuori dalla porta, una targhetta con su scritto: «Qui è nata e vissuta Alda Merini». Sarei stata più felice solo se a questa casa avessero lasciato la vecchia muffa, le pareti scrostate, il suo passato. Invece anche qui hanno passato la vernice nuova e i vicini di un tempo non ci sono più. Ora ho una casa tutta «leccata», senza raucedini. Intorno a me neanche un colpo di tosse catarrosa, solo giovani belli e intelligenti. Neanche un cretino. D'estate, poi, tutti via. A farmi compagnia rimangono i preti giovani e bellissimi che passano tutti i giorni a trovarmi. Mi regalano felicità e impulsi creativi, con il caldo l'ispirazione si affievolisce. Esco di rado, per andare al Duomo o davanti al Castello Sforzesco. Rimango lì per ore e ore.

    Mi immedesimo in Pia De' Tolomei, la suggestione è grandissima. Le trattorie mi annoiano oramai, si mangia pesante. Le ho girate tutte. Ho cenato con piatti di gnocchi, di risotti, di ossibuchi con polenta. Ora non ne ho più fame. Sono un cuor contento, mi basta stare qui con dieci ventilatori a guardare i miei Navigli. Il mare lo vedo in televisione e mi piace molto. Non so nuotare, mi sarebbe piaciuto imparare. Alle spiagge assolate ho sempre preferito la montagna. Ho fatto qualche scarpinata in Val d'Aosta, sono una provetta scalatrice. Ma ogni volta che sono partita ho sognato la mia città. E' bellissimo tornare a Milano, di notte. Si potrebbe lasciarla per sempre solo per andare in Paradiso. Ma forse desidererei, anche da lì, la mia casa.

    Alda Merini (testo raccolto da Michela Proietti)

    (dal Corriere della Sera del 26 luglio 2003)



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    *


    « Quando passeggiavo con Wally Toscanini »
    Uno che ha visto la miseria dei Navigli, non può capirne la ricchezza. Io la miseria l’ho vista, l’ho vissuta: le lavandaie, le povere e affaticate lavandaie, la nebbia che tutto copriva, i primi bar che vendevano le sigarette sottobanco perché era reato. Ci sono nata, sui Navigli, un quartiere che era a misura d’uomo e che adesso ha perso tutto, a cominciare dall’amore. Ci sono nata, sui Navigli, e da qui partivo per i miei viaggi a piedi nella città. Andavo in Galleria, a Montenapoleone, in piazza del Duomo, andavo nei negozi, andavo sulla strada. Incontravo Wally Toscanini, le sorelle Fontana, un giorno incontrai anche Enrico Cuccia: « "Senta dottore, ho fame" gli dissi. "Buon segno", mi rispose lui ».
    Era una Milano dove esser figli di un assicuratore, un assicuratore come mio padre Nemo, era un segnale di benessere. Il benessere... e la polenta. Vecchi miei Navigli. Oggi ci sono solo commercianti, troppi commercianti.

    E muratori: nessuno mi ha difesa da loro, che a colpi di piccone e con una gru che pareva uno strumento di tortura, si sono presi il mio solaio. Non c’è stato verso. C’è quest’isola pedonale, adesso. Le automobili non possono passare, e così, da me, a trovarmi, ormai vengono solo vecchi barboni. Ridatemi la mia «Seicento», ridatemi la mia povertà... Non mi piacciono, «questi» Navigli. Non mi piace questa città che all’anziano chiede di tutto, e sempre di più, senza nulla dar in cambio. C’è qualcosa che mi attrae, del quartiere? Nulla, non c’è nulla. Mi domandano: e perché rimani allora? Rimango perché qui ho vissuto con mio marito, qui ho creato le mie poesie. I canali, le acque, i battelli? Io chiuderei tutto, chiuderei i Navigli, ci farei una grande strada, un’Appia antica, larga, bella larga, infinita.

    Alda Merini

    (dal Corriere della Sera del 23 ottobre 2007)


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    *


    « Datemi la mia terza figlia »
    Forse non tutti voi sapete che la vita mi ha voluto regalare quattro creature, intelligenti e belle. Ma per ventura o per stoltaggine me le sono viste togliere anni fa, perché fumavo, dicono! Ora, ciò che più mi preoccupa e mi manca, come madre, è la mia terza figlia. Allontanata non so da cosa o da chi. Persa senza conoscerne il perché, non mi aiuta più. Ed era, credetemi, la cosa più bella che avevo.

    Ditemi, vi prego, nella Vostra saggezza, come si fa a vincere questa guerra armati solo di una spada spuntata e usando come cavalcatura il ronzino che sono ormai le mie gambe morte? Ciò non bastasse, confido a Voi che il vero manicomio non è la mia esperienza passata ma è ora la mia quotidianità. Amica di Franco Basaglia e di Giorgio Manganelli, mi vedo trattata come uno straccetto, visitata da pie opere assistenziali le quali, misericordiosamente ricordando che da un anno sono senza gas, mi portano minestre che per quanto buone hanno fatto di me una virtuosa delle coliche. Sulla mia testa, in solaio, i gemelli scorrazzano, felicemente animati da fanciullesca forza, oltre che da naturale irresponsabilità.

    Rileggo il Fantasma di Kanterville e muoio di crepacuore, non riuscendo almeno a intimorire questi malcapitati. Sono diventata suscettibile, e nel rumore sordo dello sciacquone che gli abitanti del solaio tirano spesso di notte affonda anche la mia povera poesia. La poesia, il mio lavoro mi sfugge. L'amministratrice dello stabile ricorda di me solo «il manicomio» e in parte lo trovo quasi un «riconoscimento» perché a quell'epoca risale l'opera più bella che ho scritto: la Terrasanta. Ho chiesto anche alla Chiesa di aiutarmi, ma l'estate scorsa, dopo essere stata a San Pietro e alla Chiesa della Grazie, mi è venuto un bell'infarto. Unica nota lieta di quel periodo il ricordo del Presidente Ciampi quando in Campidoglio mi è venuto incontro con grande affetto, subito dopo che mi era stata fatta la protesi.

    Capite perché allora, una notte forse uguale alle altre o forse più cupa delle altre, mi hanno sentito gridare: «Stasera mi ammazzo!». L'unica soluzione, la più semplice: mi hanno portato in psichiatria. Credete sul serio che l'avrei fatto? La preoccupazione, credo anche giustamente, non era per l'Alda Merini ma per lo stabile che vorrei veniste a vedere: ci sono crepe ovunque e non credo di essere profeta di sventura se dico che certamente non moriremo di gas ma, prima o poi, travolti da un crollo. Forse non faranno in tempo a porvi la targa «qui visse e operò la poetessa Alda Merini» ma quella con scritto «qui visse e perì». Vi ringrazio e vi prego: aiutatemi a riavere mia figlia, non vorrei saltasse fuori un altro Rigoletto che, accecato dall'ira, invece del padrone uccide la figlia prediletta.

    Alda Merini

    (dal Corriere della Sera del 30 maggio 2008)



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    Edited by Millam - 3/11/2009, 08:58
     
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    Alcune poesie di Alda Merini


    A Lucio Dalla
    O poesia che oramai
    gemi per terra straziata da mille orrori
    quante volte ti hanno ucciso
    mentre innocentemente
    cercavi un fiore nel Paradiso

    Le donne vogliono il tuo indirizzo
    e non sanno che tu non hai una casa
    ma vivi errabondo nel giardino dell'Eden
    e non hai alcun peccato.

    Sei sola nella dimora degli Angeli
    attaccata alla catena di Dio
    e i tuoi ululati di lupo ferito
    non li ode oramai più nessuno.

    Sembri quasi morta dolce poesia
    qui su questa quiete terra
    dove dimorano gli assassini.

    *

    A tutte le donne
    Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
    sei un granello di colpa
    anche agli occhi di Dio
    malgrado le tue sante guerre
    per l'emancipazione.
    Spaccarono la tua bellezza
    e rimane uno scheletro d'amore
    che però grida ancora vendetta
    e soltanto tu riesci
    ancora a piangere,
    poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
    poi ti volti e non sai ancora dire
    e taci meravigliata
    e allora diventi grande come la terra
    e innalzi il tuo canto d'amore.

    *

    Ai giovani
    Bella ridente e giovane
    con il tuo ventre scoperto,
    e una medaglia d'oro
    sull'ombelico,
    mi dici che fai l'amore ogni giorno
    e sei felice e io penso che il tuo ventre
    è vergine mentre il mio
    è un groviglio di vipere
    che voi chiamate poesia
    ed è soltanto tutto l'amore
    che non ho avuto
    vedendoti io ho maledetto
    la sorte di essere un poeta.


    *

    Cara Federica
    Cara Federica
    ti dirò come soffro,
    perché ci è dato tanto soffrire,
    perché vediamo tagliare dalla terra
    le nostre spighe migliori.
    Anche io ero una spiga che cresceva nei campi,
    credi Federica,
    i poeti non sono seminati da alcuno,
    li porta il vento della primavera.
    Oggi per la mia donna è un giorno di libertà,
    ma per noi prigionieri dell'arte
    è un altro giorno di prigionia.
    Non sono felice della mia morte,
    carissima Federica,
    eppure me ne dovrò andare
    dopo aver perso la fede
    che era nei cuori dei miei amici.

    *

    Bambino
    Bambino, se trovi l'aquilone della tua fantasia
    legalo con l'intelligenza del cuore.
    Vedrai sorgere giardini incantati
    e tua madre diventerà una pianta
    che ti coprirà con le sue foglie.
    Fa delle tue mani due bianche colombe
    che portino la pace ovunque
    e l'ordine delle cose.
    Ma prima di imparare a scrivere
    guardati nell'acqua del sentimento.

    *

    La pace
    La pace che sgorga dal cuore
    e a volte diventa sangue,
    il tuo amore
    che a volte mi tocca
    e poi diventa tragedia,
    la morte qui sulle mie spalle,
    come un bambino pieno di fame
    che chiede luce e cammina.
    Far camminare un bimbo è cosa semplice,
    tremendo è portare gli uomini
    verso la pace,
    essi accontentano la morte
    per ogni dove,
    come fosse una bocca da sfamare.
    Ma tu maestro che ascolti
    i palpiti di tanti soldati,
    sai che le bocche della morte
    sono di cartapesta,
    più sinuosi dei dolci
    le labbra intoccabili
    della donna che t'ama.

    (a Enrico Baj)

    *

    La poesia
    Sono
    molto
    irrequieta
    quando
    mi legano
    allo spazio.

    *

    Se qualcuno cercasse
    di capire il tuo sguardo,
    Poeta, difenditi con ferocia:
    il tuo sguardo son cento sguardi
    che ahimè ti hanno guardato
    tremando.

    *

    O primavera nuda
    O primavera nuda
    coperta di soli fior.
    Sanno tutto di te
    ormai sul Naviglio,
    solo tua madre
    aveva la tempesta.
    Ti copri ormai le mani
    che hanno sole d'amore,
    vogliono il tuo mistero:
    baciar la Poesia.

    *

    Pianto dei poeti
    Ruba a qualcuno la tua forsennata stanchezza
    o gemma che trapassi il suono
    col tuo respiro l'ombra che sta ferma
    di fronte ad un porto di paura
    quel trascendere il mito
    come se fosse forzatamente azzurro
    o chi senza abbandono
    che non sanno che il pianto dei poeti
    è solo canto.
    Canto rubato al vecchio del portone
    rubato al remo del rematore
    alla ruota dell'ultimo carro
    o pianto di ginestra
    dove fioriva l'amatore immoto
    dalle turbe angosciose di declino
    io sono l'acqua che si genuflette
    davanti alla montagna del tuo amore.

    *

    Sogno d'amore
    Se dovessi inventarmi il sogno
    del mio amore per te
    penserei a un saluto
    di baci focosi
    alla veduta di un orizzonte spaccato
    e a un cane
    che si lecca le ferite
    sotto il tavolo.
    Non vedo niente però
    nel nostro amore
    che sia l'assoluto di un abbraccio gioioso.

    *

    Veleggio come un'ombra
    Veleggio come un'ombra
    nel sonno del giorno
    e senza sapere
    mi riconosco come tanti
    schierata su un altare
    per essere mangiata da chissà chi.
    Io penso che l'inferno
    sia illuminato di queste stesse
    strane lampadine.
    Vogliono cibarsi della mia pena
    perché la loro forse
    non s'addormenta mai.

    *

    Nebbia
    Soffice ovatta colorata di vento
    scendi lenta quando l'orologio
    segna le ore dell'alba.
    Con i tuoi fantasmi
    di nuvole perse
    ti diverti a disegnare sui muri
    avanzi di baci sfuggiti ai cuscini della notte.

    *

    Corpo, ludibrio grigio
    con le tue scarlatte voglie,
    fino a quando mi imprigionerai?
    Anima circonflessa,
    circonfusa e incapace,
    anima circoncisa,
    che fai distesa nel corpo?

    *

    (...)
    Riottosa a ogni tipo di amore
    sei entrato tu a invadere il mio silenzio
    e non so dove tu abbia visto le mie carni
    per desiderarle tanto.
    E non so perché tu abbia avuto il mio corpo
    per poi andartene
    con il grido dell'ultima morte.
    Se mi avessi strappato il cuore
    o tolto l'unico arto che mi fa male
    o scollato le mie giunture
    non avrei sofferto tanto
    come quando tu un giorno insperato
    mi hai tolto la pelle dell'anima.

    *

    Non avessi sperato in te
    e nel fatto che non sei un poeta
    di solo amore,
    tu che continui a dirmi
    che verrai domani
    e non capisci che per me
    il domani è già passato...

    *

    Amami, e nel ricordo prendi la fionda antica e battimi i capelli.
    Mi vedrai crescere nera come la foresta dell'Amazzonia,
    ma se scosti i miei rami
    vedrai nella mia lingua uccelli variopinti e paradisi terrestri.
    Allora non pregare il Signore,
    perché la dovizia del mio canto
    io l'ho rubata a lui in un giorno di distrazione.

    *

    Ascolta, il passo breve delle cose
    - assai più breve delle tue finestre -
    quel respiro che esce dal tuo sguardo
    chiama un nome immediato: la tua donna.
    E' fatta di ombra e ciclamini,
    ti chiede il tuo mistero
    e tu non lo sai dare.
    Con le mani
    sfiori profili di una lunga serie di segni
    che si chiamano rime.
    Sotto, credi,
    c'è presenza vera di foglie;
    un incredibile cammino
    che diventa una meta di coraggio.

    *

    Solo una mano d'angelo
    Solo un mano d'angelo
    intatta di sé, del suo amore per sé,
    potrebbe
    offrirmi la concavità del suo palmo
    perché vi riversi il mio pianto.
    La mano dell'uomo vivente
    è troppo impigliata nei fili dell'oggi e dell'ieri,
    è troppo ricolma di vita e di plasma di vita!
    Non potrà mai la mano dell'uomo mondarsi
    per il tranquillo pianto del proprio fratello!
    E dunque, soltanto una mano di angelo bianco
    dalle lontane radici nutrite d'eterno e d'immenso
    potrebbe filtrare serena le confessioni dell'uomo
    senza vibrarne sul fondo in un cenno di viva ripulsa.

    *

    Alba
    A passi lenti ti muovi nella notte
    quando i silenzi dei suoni sono ancora forti
    Ti distendi con pallidi raggi di sole
    nei giardini degli specchi marini.
    Il tuo soffice manto velato
    regala una spuma di sorriso
    al pescatore solitario
    che stancamente si dirige verso casa
    per abbracciare la sua amata.

    *

    Abbi pietà di me
    Abbi pietà di me che sto lontana
    che tremo del tuo futile abbandono,
    tienimi come terra che pur piana
    dia nella pace tutto il suo perdono
    od anche come aperta meridiana
    che dia suono dell'ora e dia frastuono,
    abbi pietà di me miseramente
    poiché ti amo tanto dolcemente.

    (da "Folle folle folle di amore per te")

    *

    Ti aspetto e ogni giorno
    mi spengo poco per volta
    e ho dimenticato il tuo volto.
    Mi chiedono se la mia disperazione
    sia pari alla tua assenza
    no, è qualcosa di più:
    è un gesto di morte fissa
    che non ti so regalare.

    (da "Clinica dell'abbandono")

    *

    Buon Natale
    A Natale non si fanno cattivi
    pensieri ma chi è solo
    lo vorrebbe saltare
    questo giorno.
    A tutti loro auguro di
    vivere un Natale
    in compagnia.
    Un pensiero lo rivolgo a
    tutti quelli che soffrono
    per una malattia.
    A loro auguro un
    Natale di speranza e di letizia.
    Ma quelli che in questo giorno
    hanno un posto privilegiato
    nel mio cuore
    sono i piccoli mocciosi
    che vedono il Natale
    attraverso le confezioni dei regali.
    Agli adulti auguro di esaudire
    le loro aspettative.
    Per i bambini più poveri
    che non vivono nel paese dei balocchi
    auguro che il Natale
    porti una famiglia che li adotti
    per farli uscire dalla loro condizione
    fatta di miseria e disperazione.
    A tutti voi
    auguro un Natale con pochi regali
    ma con tutti gli ideali realizzati.

    Edited by Millam - 3/11/2009, 08:12
     
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    Le iniziative alle quali Alda Merini ha aderito e preso parte

    Alda Merini e Giovanni Nuti: insieme per "Doppia difesa"
    Come anticipato da Paolo Bonolis nella serata di apertura di Sanremo 2009, Alda Merini ha aderito - con Giovanni Nuti, musicista che da molti anni collabora con la poetessa - alla causa di Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno, fondatrici di “Doppia difesa”, onlus che combatte la discriminazione e la violenza ai danni delle donne.
    La grande poetessa milanese, più volte candidata al Premio Nobel per la Letteratura, che ha saputo trasformare in versi limpidi e visionari la sua esperienza di donna e madre passata attraverso i maltrattamenti e le violenze di un lungo calvario manicomiale, ha donato a “Doppia difesa” la poesia inedita “Il regno delle donne” che, musicata e interpretata da Nuti, è diventata una canzone acquistabile sul sito www.sorrisimusicshop.com.
    Il brano costa 99 centesimi: i proventi netti saranno interamente devoluti alla Fondazione Doppia Difesa.

    * * *


    Alda Merini e Giovanni Nuti: "Poema della Croce"
    Dalla collaborazione tra Nuti e la Merini è nato nel 2005 il progetto “Il Poema della croce”, un’opera (ispirata dall’eponimo testo della Merini) che si interroga sul significato della vita e della fede con straordinaria intensità e nella quale la poesia di Alda Merini evoca, con una forza visionaria di rara suggestione, il momento più tragico ed emblematico della vita di Cristo, sotto lo sguardo costante di Maria, sua Madre: una rappresentazione emozionante, nella quale la recitazione, il canto e la musica si intrecciano per raccontare le profondità del più alto mistero cristiano, quello della croce.

    “Il poema della croce” costituisce uno straordinario incontro tra musica, poesia e fede.
    La poesia è quella di Alda Merini, poetessa di successo e autrice precoce, apprezzata da poeti come Montale, Quasimodo e Pasolini. L'autrice, dopo anni di oblìo e lungo silenzio, ha saputo trasformare il suo drammatico vissuto in versi limpidi e intensi, che le sono valsi premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale, fino a numerose candidature al premio Nobel.

    La musica invece è quella di Giovanni Nuti, autore e musicista, già collaboratore di artisti di grande rilievo quali Enrico Ruggeri, Roberto Vecchioni, Mango, Enzo Avitabile, Milva, Simone Cristicchi. L’artista ha vinto il Premio della critica per le nuove proposte al Festival di Sanremo nel 1996, e nel 2000 ha firmato il ritorno di Milva in Italia con l’album “Milva canta Merini”.
    SPOILER (click to view)
    La singolare rappresentazione è avvenuta nella meravigliosa cornice del Duomo Vecchio di Brescia il 28 marzo 2009.

    * * *


    Alda Merini e Giovanni Nuti: "Rasoi di seta"
    "Questa raccolta Nuti-Merini è nata da un sodalizio d'amore, ma anche dalla disperazione nel vedere che la cultura non mette sane radici: è una specie di rivolta anche patriottica che si sta perdendo nell'universo. In amore ci si affianca: non è soltanto un egoistico guardarsi negli occhi, ma anche una comunione della propria felicità con gli altri. È un convivio amoroso. La musica allevia le sofferenze mentre la poesia a volte crea la solitudine. Spero che questo sodalizio Nuti-Merini arrivi al cuore di tutti, di chi ci ama, perché vuole essere una resurrezione del corpo e dell'anima."
    SPOILER (click to view)
    L'evento si è tenuto a Vaprio D'Adda c/o Castelbarco il 5 luglio 2009.

    * * *


    "Alda Merini - Una donna sul palcoscenico" - un film di Cosimo Damiano Damato
    Uscirà a fine 2009 il film " Alda Merini - Una donna sul palcoscenico" con la regia di Cosimo Damiano Damato, prodotto da Angelo Tumminelli per la Star Dust International, con la partecipazione amichevole di Mariangela Melato ed il contributo fotografico di Giuliano Grittini.
    Un film-documentario girato in presa diretta nella casa di Alda Merini, dove la poetessa dei Navigli si abbandona ad un racconto di sé puro ed elegiaco, mettendo a nudo la sua anima. Un incontro fatto di gesti, parole, sguardi. Un dialogo privato che trasuda dolore, ma che rivela l’anima più segreta e nascosta della Merini, la sua sapienza antica e il suo candore.
    La poetica, la filosofia, la genialità della Merini viene raccontata da Damato grazie ad un canovaccio che affronta i temi del dono della poesia, del misticismo, della seduzione, della musica, un dialogo che diviene confidenza, afflato dell’anima, quando si parla del dolore, delle brutture del manicomio, della follia, riversata a piene mani nella poesia, del mistero di Cristo e della passione.
    "Un giorno io ho perso una parola, sono venuta qui per dirvelo e non perché voi abbiate risposta. Non amo i dialoghi o le domande, mi sono accorta che cantavo in un’orchestra che non aveva voci. Ho meditato a lungo sul silenzio. Al silenzio non c’è risposta". Questi sono i primi versi inediti del prologo scritto da Alda Merini e che prendono vita grazie alla voce di Mariangela Melato, che interpreta alcune poesie inedite. Il documentario assume i toni di un vero e proprio recital nel momento in cui la Merini recita alcune delle sue pagine poetiche più intensamente liriche, come "Genesi", "Lirica Antica" e "Lettere".
    Nel film Alda si rivela una vera eterna musa, si siede al pianoforte e con la magia delle sue mani accenna a Jhonny Guitar. Ma dal ritratto quotidiano della grande poetessa emergono anche momenti esilaranti, giocati sul filo dell’ironia e della complicità del "riso come antidoto al terrore" direbbe Chaplin. Alda si racconta con grazia: la sua voce é armonia pura per l’anima. La Merini sorride e si commuove mentre parla di medici, elettroshock, maternità e poesia.
    "Una donna sul palcoscenico" è anche un viaggio per immagini del maestro Giuliano Grittini. Grande amico della Merini, Grittini é riuscito a penetrare con la sua fotografia l'anima della poetessa. Un film documento intenso e straordinario che racconta la vita e l'esistenza della decima musa.

    Fonte

    Edited by Millam - 3/11/2009, 08:41
     
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    L'Italia piange il genio di Alda Merini: "Scompare una limpida voce poetica"

    Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, profondamente rattristato dalla notizia della scomparsa di Alda Merini in un messaggio alla famiglia ha espresso il commosso rammarico per questa grave perdita della cultura italiana: «viene meno un ispirata e limpida voce poetica».

    «Alda Merini è l’esempio di una donna profondamente radicata a Milano, al suo quartiere, alla sua via, alla sua casa che ha saputo dare con la sua arte una testimonianza universale della vita di oggi e delle sue contraddizioni». Il sindaco di Milano Letizia Moratti la ricorda così. «Ricordo - aggiunge Letizia Moratti- con commozione quando Alda la scorsa estate mi regalò una sua poesia, dolcissimi versi che tengo incorniciati nel mio ufficio a Palazzo Marino e testimoniano la sua grande sensibilità e la sua passione. Come tutta la sua opera, riflessioni poetiche di una donna di cultura che ha onorato e amato fino all’ultimo la sua Milano, impegno per il quale nel dicembre del 2002 ha ricevuto la Medaglia d'Oro di Benemerenza Civica».

    Anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha speso parole in ricordo della Merini.«Apprendo con molta tristezza della scomparsa della grande poetessa Alda Merini. Una donna anticonformista, coraggiosa, capace di esprimere la profondità dell’animo umano senza schemi e senza pregiudizi di alcun genere, sempre alla ricerca dell’autenticità. Ai familiari di questa grande donna va il mio cordoglio e la vicinanza della città di Roma».

    Paolo Bonaiuti, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e portavoce del premier Silvio Berlusconi, parla di «una delle voci più alte della poesia contemporanea italiana. I suoi versi tormentati, talvolta fuori dalle righe, mai scontati, sempre limpidi e preziosi restano un dono per i giovani che abbiano desiderio di avvicinarsi alla poesia».
    La Melandri (Pd) esprime «profonda tristezza per la scomparsa della poetessa Alda Merini. Con lei si spegne una voce preziosa e importante che ha espresso in modo straordinario le sensibilità e le inquietudini degli uomini e delle donne del nostro tempo».

    «I premi Nobel hanno la possibilità di scrivere alla giuria per segnalare altri candidati, ed io l’avevo fatto per Alda Merini». Così Dario Fo, parlando «con grande dispiacere» della scomparsa della poetessa milanese. «Io l’ho conosciuta e incontrata, avevo più volte parlato con lei, e letto le sue cose più importanti. Ora tutti lo dicono ma io lo dico da tempo: era una straordinaria figura poetica, tra le più grandi in Italia e per questo - conclude - avevo partecipato attivamente alla sua candidatura al Nobel».

    Fonte

    * * *


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    Alda Merini, l'esclusa più rock, Poetessa dalla pelle musicale
    Ricordo di Marinella Venegoni

    Se n'è andata a 78 anni. Era la sincerità fatta persona, la voce più musicale e moderna della poesia italiana; aveva collaborato negli ultimi anni con il musicista Giovanni Nuti. Ma io amo ricordarla con questa canzone di Roberto Vecchioni...


    Canzone per Alda Merini
    (di Roberto Vecchioni)
    Noi qui dentro si vive in un lungo letargo,
    si vive afferrandosi a qualunque sguardo,
    contandosi i pezzi lasciati là fuori,
    che sono i suoi lividi, che sono i miei fiori.
    Io non scrivo più niente, mi legano i polsi,
    ora l''''unico tempo è nel tempo che colsi:
    qui dentro il dolore è un ospite usuale,
    ma l'amore che manca è l'amore che fa male.
    Ogni uomo della vita mia era il verso di una poesia
    perduto, straziato, raccolto, abbracciato;
    ogni amore della vita mia
    ogni amore della vita mia
    è cielo è voragine,
    è terra che mangio
    per vivere ancora.
    Dalla casa dei pazzi, da una nebbia lontana,
    com''è dolce il ricordo di Dino Campana;
    perchè basta anche un niente per essere felici,
    basta vivere come le cose che dici,
    e divederti in tutti gli amori che hai
    per non perderti, perderti, perderti mai.
    Cosa non si fa per vivere,
    cosa non si fa per vivere,
    guarda... Io sto vivendo;
    cosa mi è costato vivere?
    Cosa l'ho pagato vivere?
    Figli, colpi di vento...

    La mia bocca vuole vivere!
    La mia mano vuole vivere!
    Ora, in questo momento!
    Il mio corpo vuole vivere!
    La mia vita vuole vivere!
    Amo, ti amo, ti sento!
    Ogni uomo della vita mia
    era il verso di una poesia
    perduto, straziato,
    raccolto, abbracciato;
    ogni amore della vita mia
    ogni amore della vita mia
    è cielo è voragine,
    è terra che mangio
    per vivere ancora.


    Fonte

    Edited by Millam - 3/11/2009, 08:37
     
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    Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima,

    il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola

    come una trappola da sacrificio,

    è quindi venuto il momento di cantare

    una esequie al passato.



    Alda Merini, da « La Terra Santa »



    *


    Vola libera,

    piccola ape furibonda,

    e, finalmente, riposa in pace.

     
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    Il 1° novembre 2009 Alda Merini ci ha lasciati, ma non è stato un addio:
    "lei, che in manicomio aveva imparato a morire, vive d’Amore."
     
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