Twitter: inizia la censura. La Rete pensa allo sciopero

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  1. Daniel Dolphin
     
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    Sembra il tweet perfetto, quello capace di colpire se stesso: «Twitter potrà censurare Twitter. È come se l' acqua si sposasse con il fuoco». Un ossimoro. Entra in 140 battute e riassume bene il senso di ciò che la società californiana, accreditata universalmente di aver saputo dare vita a un nuovo potente strumento di libertà d' espressione non sottomettibile, ha deciso ieri. Forse, senza esagerare, è anche la fine di Twitter per come lo abbiamo conosciuto e considerato fino ad oggi. «Se Twitter censura lo abbandonerò immediatamente» ha protestato subito il noto artista dissidente cinese Ai Weiwei (tradotto dagli ideogrammi originali in inglese dai redattori dell' account beta @aiwwenglish). E non è stato certo il solo. Reporters Sans Frontières è andata giù molto peggio. «Rimuoverete i messaggi legati alle rivendicazioni della minoranza curda in Turchia?» ha scritto in una lettera aperta il direttore Olivier Basille al cofondatore del sito Jack Dorsey. Il nuovo media che ha avuto un ruolo politico nella recente Primavera araba ha comunicato sul proprio blog ufficiale ( blog.twitter.com ) di aver sviluppato una tecnologia che gli permetterà di bloccare alcuni tweet, Paese per Paese, se il governo locale li considererà contrari alla legge. Potenti multinazionali delle telecomunicazioni, in passato, hanno visto vacillare la propria credibilità per molto meno. Vodafone, proprio in occasione delle proteste in Egitto, era stata accusata di lavorare per il regime dopo aver acconsentito allo switch off delle proprie reti. I responsabili del blog hanno usato il verbo to flow , fluire. La versione dei fatti dell' azienda basata a San Francisco è che la decisione è stata presa per difendere chi twitta. «Man mano che cresciamo a livello internazionale - si legge nel blog - andiamo in Paesi con differenti posizioni in materia di libertà di espressione. Alcune nostre idee differiscono così tanto che non potremmo esistere lì». «Non abbiamo ancora utilizzato questa possibilità, ma se un Paese ci chiederà di bloccare un tweet proveremo a contattare l' utente e indicheremo chiaramente quando il messaggio è stato bloccato». E ancora: «Il contenuto sarà fermato in un paese, ma visibile nel resto del mondo. Non rimuoveremo il post in base al loro contenuto». Una spiegazione che si trasforma in un boomerang: rendere visibile il tweet al di fuori del confine geografico è come ammettere che non andava cancellato e che ci si è piegati a qualcosa di contrario alla libertà d' espressione. Dorsey ha tentato di trincerarsi dietro esempi di buon senso come la Francia e la Germania dove i contenuti a favore del nazismo sono vietati. Anche in Italia, per esempio, il sito potrebbe essere chiamato ad intervenire per apologia di fascismo. Ma è chiaro che il nervo scoperto della mossa è quello toccato da Reporters Sans Frontières . «I vietnamiti che usano il vostro servizio non potranno più denunciare le conseguenze nefaste sull' ambiente dell' esplosione delle miniere di bauxite?» ha insistito Basille. Più che «fluire», i tweet potrebbero affogare. Per chiunque usi Twitter è la fine dell' età dell' innocenza. Ieri era impossibile pensare di seguire il flusso delle proteste. Come un tam tam naturale è rimbalzata la proposta di uno sciopero contro la società, l' auto-oscuramento dei tweet per 24 ore. È normale. Chi vive con Twitter seguendolo talvolta in maniera maniacale lo considera quasi uno strumento di tutti e di nessuno. Scevro da qualunque logica economica e di business. Ma così non è. Il continente digitale si sta piegando - come prima di esso avevano già fatto Google e Facebook - alle regole della politica offline, dando un duro colpo al desiderio di combattere le dittature grazie all' intangibilità della protesta sul web. E ieri i nodi sono venuti al pettine. Dietro la decisione è facile vedere il desiderio della società di sbarcare in Cina dopo il recente viaggio di Dorsey che proprio durante la visita aveva definito un peccato l' assenza dello strumento. Twitter punta ormai al miliardo di utenti. Prima o poi dovrà sbarcare a Wall Street come sta facendo anche Facebook. E dopo essersi guadagnato il diritto ad entrare nei libri di storia per aver «aiutato» le rivolte di piazza Tahrir che hanno rovesciato il regime di Hosni Mubarak, al potere dal oltre 30 anni senza una vera opposizione, la società è accusata adesso di voler pagare il proprio obolo al business. Il microblogging potrebbe superare presto il firewall tra Hong Kong e i territori cinesi. Ma per i dissidenti potrebbe non essere la notizia attesa da tempo.

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  2. B Minor.
     
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    Una spiegazione che si trasforma in un boomerang: rendere visibile il tweet al di fuori del confine geografico è come ammettere che non andava cancellato e che ci si è piegati a qualcosa di contrario alla libertà d' espressione.

    Ennesimo caso di strumentalizzazione dell'informazione: non importa da parte di chi e per quali fini, o forse importa, ma in modo limitato. La censura diventa la conseguenza tangibile della strumentalizzazione stessa, è questo ad indignarmi e ad essere, probabilmente, in contraddizione con la definizione di social net-work.
    Piuttosto che ribellarsi, considerato che suona un po' da "dipendenti del servizio offerto" (perché non smettere di frequentare un sito, se questo non ci convince più? È così difficile farne a meno?), si potrebbe pensare ad una proliferazione di portali altrettanto "affidabili" (non alla stregua di Badoo, per intenderci), invece. Anche se meno frequentati di Twitter o Facebook, che importa? La rete è di tutti, potrebbero nascere piccole comunità in cui la libertà di parola non venga, alle lunghe, messa in discussione. Non so quanto sia complesso concretizzare l'idea, probabilmente parecchio, ma cercare soluzioni alternative, soprattutto nel caso di determinati paesi, a me sembra meglio di ribellarsi a vuoto o di continuare a frequentare per abitudine un social network del quale non condividiamo la "linea di condotta", o che pone dei freni alla comunicazione, principio che sta alla base del social network stesso.
    Si potrebbe ribattere che certi "scioperi" nascono proprio perché chi usa Twitter non è d'accordo con la presa di certe decisioni, ma dopotutto nessuno obbliga nessun altro a rimanere su un qualsiasi portale: quando non è più un sito come questo ad essere al servizio dell'utente, ma viceversa, o si china la testa, accettando consapevolmente (e sebbene entro certi limiti) il mancato rispetto nei confronti della libertà di parola, o si dà forfait.
     
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  3. Daniel Dolphin
     
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    Nella tua considerazione si tralascia un aspetto fondamentale in cui si devono calare sia le persone che usano twitter sia i responsabili del servizio: l'economia. Quando si parla di internet si tende ad immaginare qualcosa di vago che sta sospeso nell'aria quasi per miracolo, ma questo non è vero. Internet non è altro che una serie di computer sparsi per il mondo interconnessi tra loro che scambiano informazioni. Quando metti qualcosa su twitter o su facendola ci sono mille computer che entrano in funzione per inoltrare il messaggio al pc che lo salverà, inoltre un solo computer, anche se molto potente, non può gestire da solo i miliardi di accessi giornalieri che hanno portali come twitter e facebook. Mettere su questa macchina richiede investimenti di milioni di dollari (costi sia meramente materiali, sia di gestione e manutenzione), anni di lavoro e tanta fortuna. Facebook e twitter, per esempio, sono nati piccolissimi e si sono evoluti lentamente nel corso di un decennio per diventare quello che sono oggi. Tutta questa struttura pone di fronte alla quasi impossibilità di realizzare un altro servizio tipo twitter senza censura (per non considerare copyright e brevetti) ma anche alle difficoltà economiche che affronterebbe twitter se perdesse una significativa fetta di utenti.

    Tutto questo rende valida la protesta, tenendo in considerazione, anche, che twitter è stata la voce della protesta in molto paesi, proteste che in alcuni casi hanno destituito dittatori pluridecennali (vedi Egitto).
     
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  4. B Minor.
     
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    In effetti, essendo tutt'altro che un'esperta nel settore, immaginavo di avere tralasciato "un paio" di fattori al riguardo. :look:
    A questo punto, se perdere parte della propria utenza "costerebbe caro" a Twitter, in tutti i sensi, le proteste hanno una loro validità, certo. Ma, allora, mi domando: converrebbe assecondare tali proteste e non correre alcun rischio di "sfoltimento" degli iscritti a Twitter, o piegarsi a qualcosa di contrario alla libertà d' espressione, per usare le parole stesse dell'articolo da te postato? Quale delle due scelte rappresenterebbe il male minore, a tuo parere?
     
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  5. Daniel Dolphin
     
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    Per rispondere alla tua domanda credo che prima bisogna capire quali sono i motivi che spingono twitter ad agire così (e bisogna sempre passare da nozioni tecniche)

    Lo scambio di informazioni tra due computer in Internet non avviene in modo diretto (questo richiederebbe un cavo fisico che collega un computer ad ogni altro computer sulla terra), ma quello che succede realmente che ci sono alcuni computer particolari (sono detti Router, Switch ecc...) che si occupano di ricevere le informazioni consegnategli da un mittente e di inoltrarle al destinatario (se esso è direttamente collegato a lui) o ad un altro dispositivo simile più vicino al destinatario (se non sono direttamente collegati). Per fare una metafora puoi pensarla come un ufficio postale dove tu consegni la lettera ad un postino che la consegna per te al destinatario, ovviamente se il destinatario è il tuo vicino di casa sarà lo stesso postino a consegnarla appena arrivato alla porta successiva, ma se la stai mandando in un altra città passerà attraverso vari addetti della posta il cui scopo è avvicinare la lettera al destinatario fino al postino che serve casa sua.
    A questo meccanismo devi aggiungere che questi computer (i router) devono avere una collocazione fisica da qualche parte del mondo, tipicamente in ogni nazione ce ne sono diversi e sono collegati tra loro nei modi più disparati.
    Una nazione (per esempio la Cina lo fa) può istallare sui propri router dei programmi detti Firewall i quali leggono su tutte le informazioni scambiate chi è il mittente e chi è il destinatario e li confrontano con una black list, se mittente o destinatario sono sulla black list allora l'informazione viene buttata (un po' come se i postini decidessero che tu non devi ricevere più posta e iniziano a buttare nella spazzatura tutte le lettere indirizzate a te o di cui tu sei il mittente).

    Ora spieghiamo perché twitter fa così: in Cina vige una forte censura che colpisce anche internet e viene attuata con il metodo di cui sopra: tutti i siti internet vengono controllati dagli addetti del governo e quando un sito risulta pericoloso viene aggiunto alla black list dei router su suolo cinese per cui tutte le richieste di visualizzazione di quel sito da parte della popolazione cinese vengono cestinate dai firewall con il risultato che il sito non è più accessibile dalla Cina. Il governo Cinese sottopone a ricatto tutti i siti che vogliono essere visualizzati in Cina dicendo che devono fornire al governo strumenti per censurare singole parti del sito oppure vengono bloccati totalmente. Google per lungo tempo è esistito in cina con molte parole chiave bloccate (per esempio su Google Cina non era possibile cercare la parola democrazia), circa un annetto fa Google Cina ha chiuso perché la società madre non accettava più il ricatto e si è ritirata dal mercato.

    Twitter come soggetto economico punta a guadagnare più possibile e il mercato cinese offre a Twitter un miliardo di possibili utenti. Purtroppo attualmente twitter è sulla black list del governo Cinese e per uscirne deve fornire ai Cinesi gli strumenti tanto criticati nell'articolo (che i cinesi useranno, per esempio, per impedire ai propri cittadini di scoprire cos'è la democrazia come facevano con google).

    Personalmente ritengo giusto protestare contro questa idea dei proprietari di Twitter in quanto, pur essendo uno strumento gestito da un azienda privata il cui scopo è guadagnare, si è rivelato estremamente importante nel diffondere notizie su stragi, massacri e rivolte in atto nel mondo e quindi questi signori hanno (oltre all'interesse economico) anche una responsabilità morale da difendere.

    Detto questo io non ho mai usato twitter e non credo che lo userò almeno per un bel po' quindi la protesta non la posso attuare ma voglio comunque esprimere la mia opinione in merito.
     
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  6. B Minor.
     
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    Sei stato chiarissimo, Guido, ti ringrazio. (:
    A conti fatti, considerata la responsabilità morale di questi signori, come già fatto notare da te, e considerato il fatto che, accettando le condizioni del governo Cinese, Twitter avrebbe, sì, un miliardo di utenti in più, ma chissà quanti rischierebbe di perderne contestualmente, non so fine a che punto converrebbe ai suddetti signori chinare il capo.
    Non posso che trovarmi d'accordo con chi si sta facendo sentire la propria voce pur di poter continuare ad usare questo portale nella maniera più incensurata possibile. Non condividerei ciò per nessun altro motivo, però, escluso quello socio-politico: fermo restando che Twitter avrà avuto i suoi meriti nel caso di alcune proteste e che resta uno strumento semplice ed efficace da utilizzare in casi come questi, infatti, resto del parere che, a maggior ragione poiché gestito da privati, si possa fare tranquillamente a meno di Twitter, o di Facebook, o di qualunque altro social network, se non siamo più soddisfatti del servizio o se non ne condividiamo le linee d'azione.

    Comunque, per quel che mi riguarda, neanche io sono iscritta a Twitter, quindi l'argomento non tocca in prima persona nemmeno me. :patpat:
     
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5 replies since 29/1/2012, 11:11   58 views
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